Garantire il futuro
Negli ultimi tempi si sono intensificati gli interventi di pedagoghi, sociologi e politici in merito all’attuale panorama scolastico.
Ernesto Gali della Loggia, Francesco Profumo, Edoardo Campanella, Luca Ricolfi sono solo alcuni dei personaggi che sono intervenuti sull’argomento.
Per quanto riguarda la riflessione sulla scuola, l’insegnante si trova, da una parte in una condizione privilegiata perché opera in all’interno dell’istituzione scolastica e conosce direttamente e in prima persona cambiamenti che vive la scuola, dall’altra è però in una condizione tale per cui, essendo dentro le dinamiche interagenti, fatica ad analizzare il mutamento.
Occorrerebbe, forse, poter compiere un atto di astrazione dopo la preventiva assimilazione di quanto si sta vivendo. Una sorta di sicura consapevolezza delle cose, suffragata da un volo d’uccello che ti consenta di vedere la realtà dall’alto ma senza essere fuori dalla realtà.
Analizzando le considerazioni elaborate da chi si occupa di scuola senza essere tuttavia dentro la scuola, possiamo forse essere un grado di riflettere con più consapevolezza sull’argomento.
Molti degli autori citati, ed altri, pongono l’accento sulla progressiva perdita di autorevolezza dell’istituzione scolastica. Un mondo che fino a non molti anni fa era considerato inattaccabile, oggi viene più volte accusato di essere sempre più inadeguato ai tempi che cambiano.
Di chi la responsabilità di ciò? Non è sicuramento questo il luogo per lanciarsi, da chi peraltro non ha le competenze, in una analisi sociologica del fenomeno, tuttavia alcuni riflessioni credo si possano elaborare.
La scuola italiana difetta, ormai da alcuni anni, nella preparazione di studenti che, complessivamente, abbiano un profilo in uscita corrispondente al titolo di studio della scuola che essi frequentano. E’ questa la motivazione per cui il mercato del lavoro riserva retribuzioni scandalosamente basse ai diplomati della scuola italiana? La risposta è probabilmente sì, anche se non è l’unico dei motivi per cui ciò accade. Il mercato del lavoro trova comunque vantaggioso retribuire in modo inadeguato un lavoratore? Anche in questo caso la risposta è positiva. Tale realtà genera coesione sociale e senso di appartenenza nelle nuove generazioni? La risposta negativa è scontata.
Ciò che credo debba essere un compito primario della scuola italiana e dunque anche del Primo Levi è quello, dunque, di operare per una sempre più incisiva preparazione culturale, in termini di competenze e conoscenze dei propri studenti. Togliere ai giovani la possibilità di manifestare appieno le proprie attitudini, a scuola e poi nella propria professione, questo sì che sarebbe un vero e proprio delitto capitale nei confronti dei nostri figli.
Massimo Viganò