Presentazione
“IO PENSAVO CHE LA VITA FUORI ERA BELLA,
E SAREBBE ANCORA BELLA,
E SAREBBE STATO VERAMENTE UN PECCATO
LASCIARSI SOMMERGERE”.
Primo Levi
Pressato dal bisogno di partecipare agli altri l’orrenda realtà dei campi di sterminio, compose «Se questo è un uomo»; libro tra i più belli della letteratura europea, è diventato ben presto una specie di classico della produzione contemporanea.
Un classico, questo piccolo aureo libro, perché , pur non evitando la descrizione delle infamie e delle sofferenze dei prigionieri, non si limita alla denuncia, né al documento; ma ci fa rivivere l’esperienza dell’autore come un’esperienza morale (cfr. Dante), che è insieme giudizio sulla tremenda fenomenologia del male e del dolore (sperimentabili non soltanto nel lager) e costante fermezza nel richiamarsi ai valori di civiltà per cui un uomo è un uomo.
L’opera, in parole povere, ha il suo fulcro in una tenace fede nella dignità dell’uomo. E straordinaria è la capacità dell’autore, pur nato come scrittore d’occasione, di imprimere alla pagina un’intensità ed una forza morale degna della migliore tradizione letteraria (cfr. Parini, Manzoni, Verga…).
Levi scriveva al suo traduttore tedesco: «Io non credo che la vita di un uomo abbia uno scopo ben definito, ma se penso alla mia vita, e agli scopi che finora mi sono prefissi, uno solo ne riconosco ben preciso e cosciente, ed è proprio questo, di portare testimonianza».
Vale qui la pena di considerare che impegno costante di Levi fu anche di conciliare, nella sua narrativa, la cultura scientifica e quella umanistica (aspetto questo che ben si addice alla natura del nostro Istituto): «Il fatto che le culture siano due è già nocivo in partenza – dovrebbe essere una sola… se viviamo in un mondo impregnato di tecnologia, è sconsigliabile ignorarlo anche perché la Scienza e la Tecnologia sono delle formidabili fonti di ispirazione».
L’opera di Primo Levi, soprattutto per quanto attiene ai lavori della maturità, è sempre sostenuta da una lucida intelligenza e da una sottile vena d’ironia, da una scrittura incisiva e graffiante; rappresenta indubbiamente un rinnovamento non solo nel mondo delle umane lettere, ma in un più vasto contesto di civiltà: in essa non si può non riconoscere una certa nobiltà nella condizione dell’uomo che si sforza di preservare la propria libertà e creatività entro le maglie avvilenti del consumismo.
Delibera del Consiglio d’istituto e del collegio docenti 15/3/1988